Lega del Filo d’Oro e Coop. ASPIC: gruppi d’incontro per familiari

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Riportiamo di seguito il resoconto di gruppi, co-condotti da Lelio Bizzarri, Anna Capponi e Leonarda Giannini, della Cooperativa ASPIC, composti  da genitori di persone con disabilità plurima sensoriale sul tema delle relazioni intime e della sessualità. Ovviamente sono assenti tutti i riferimenti a persone o fatti, vengono solo esposte le problematiche sollevate e come è possibile affrontarle.

Problematica rilevata: alla richiesta fatta ai genitori di esprimere le loro aspettative rispetto all’incontro, l’esigenza primaria che sembrò emergere era legata alla necessità di ottenere risposte riguardo la correttezza o meno dell’adozione di determinate modalità educative, di essere guidati verso la messa in atto di comportamenti giusti, che qualcuno si esprimesse rispetto all’adeguatezza o meno delle scelte fatte o da fare, una situazione a metà tra una richiesta di aiuto e forse un tentativo di avere sostegno e conferme rispetto alle proprie idee riguardo possibili soluzioni.

Possibili modalità di intervento:  in quanto operatori della salute abbiamo fornito  consulenze a riguardo, anche in virtù degli elementi teorici che sono emersi dall’attività di ricerca che l’ASPIC ha avviato riguardo al tema della sessualità nelle persone diversamente abili. D’altra parte è necessario restituire alle famiglie la consapevolezza che:

  • non esistono soluzioni preconfezionate rispetto a tutte le infinite sfaccettature di un problema estremamente complesso come quello in questione;
  • ogni singola famiglia, attraverso l’attività di ascolto e orientamento propria del counselling individuale e di gruppo, può individuare le soluzioni migliori per le sue specifiche problematiche, nonché le risorse che è possibile attivare all’interno del contesto familiare e della rete di sostegno, formale (servizi) e informale (amici e parenti).

Problematica rilevata: emerge una visione “particolare” della sessualità dei figli; da alcuni negata o allontanata con dei pensieri magici (se non ci penso e non ne parlo, non succede); o infantilizzata (“è presto per certe cose”) e allo stesso tempo ignorare l’importanza della riservatezza legata al contatto con il proprio corpo e con l’altro sesso: (anche a 11 anni; il ragazzo può essere lavato da un’assistente, come se non avesse impulsi sessuali). L’ansia e la paura dei genitori di poter gestire la sessualità del proprio figlio, di scoprire che se il genitore DECIDESSE di concedere al figlio di sperimentarla, poi possa esplodere e diventare incontenibile; spesso la masturbazione o il desiderio sessuale non vengono nominati con i termini adeguati ma si attribuiscono o vengono definiti stati di “nervosismo” o di “aggressività”; nella maggior parte dei casi la sessualità dei figli è vista come slegata dall’affettività come se si faticasse ad avere una percezione unitaria e complessiva del figlio.

Ci si pone l’interrogativo di: incentivare o demotivare?

Due sono le modalità di intervento che possono essere attivate rispetto a questo problema:

  • da una parte accogliere, le ansie, le paure, le angosce che più o meno consapevolmente caratterizzano l’immaginario dei genitori rispetto alla sessualità dei/delle propri/e figli/e; perseguendo il duplice obiettivo di permettere una riduzione del carico emotivo e di distinguere le preoccupazioni che hanno riscontro e fondamento nella realtà, da quelle che invece sono frutto di pensieri irrazionali;
  • dall’altra è possibile agevolare la comunicazione tra genitori e figli affinché si avvii un minimo di educazione sessuale che apra la strada:
    • alla comprensione che esistono parti del corpo particolari che sono legate alla sessualità;
    • alla conoscenza degli aspetti corporei legati alla procreazione (mestruazione, concepimento, anticoncezionali, ecc.);
    • alla consapevolezza rispetto ai pericoli di malattie, infezioni o lesioni ai genitali dovute a rapporti sessuali non protetti e/o attraverso modalità masturbatorie non corrette;
    • all’apprendimento delle regole funzionali al rispetto del proprio e dell’altrui pudore e intimità (non toccare o guardare le altre persone contro la loro volontà; non essere guardati o toccati contro la propria volontà soprattutto nelle parti intime del corpo); l’educazione sessuale è funzionale sia allo sviluppo di un’identità di genere che alla prevenzione dell’abuso, sia agito che subito.

Sono evidenti le diverse opinioni che i genitori esprimono rispetto alla sessualità nei riguardi dei figli maschi o delle figlie femmine.

Il vissuto rispetto ai figli maschi comporta una difficoltà a controllare e/o contenere l’attività masturbatoria, ipotizzando soluzioni per la soddisfazione delle pulsioni o arginandone l’espressione e i comportamenti non adeguati (ad es. toccare le ragazze per strada) che non ottengono peraltro grossi risultati.

Lo stereotipo riferito alle ragazze invece, è quello di un essere asessuato, che non manifesta desideri; nel caso questo si verifica la ragazza và protetta con l’allontanamento (paura dell’abuso, di rimanere incinte o più semplicemente di riconoscere che la propria figlia possa provare il desiderio e la ricerca del piacere).

A questo proposito abbiamo lavorato per aiutare i genitori ad individuare e riconoscere i propri pregiudizi e stereotipi, anche rispetto alla cultura nella quale sono stati educati. Permettere loro di riflettere su come un rapporto intimo può essere agito senza necessariamente raggiungere il fine della procreazione, ma possa divenire l’espressione dell’ innamoramento, della ricerca di vicinanza, di scambio di carezze, di conoscenza del proprio corpo tenendo ben presente i bisogni individuali e le possibilità effettive rispetto al tipo di disabilità.

Successivamente abbiamo cercato di portare i genitori a riflettere e scambiare pensieri ed esperienze per verificare  come venisse vissuto un intervento di educazione sessuale rivolto ai propri figli. Ne è emersa una grande difficoltà e resistenza che abbiamo superato piano piano insieme.

Dalle problematiche sollevate dai genitori emerge la sensazione che i loro figli vivano in un forte isolamento, soprattutto relativamente alla possibilità di condividere contatto fisico e intimità con persone che non siano i loro stessi genitori. Si trovano a sperimentare impulsi sessuali e/o erotici che non possono neanche essere verbalizzati o condivisi, inoltre il contatto fisico con persone estranee alla famiglia è praticamente ridotto al minimo (escludendo gli atti molesti riportati dalla testimonianza di una madre di un ragazzo con ritardo mentale). Lo scambio di baci e carezze, la semplice verbalizzazione di desideri e sentimenti erotici, non solo è un’esperienza totalmente estranea alla quotidianità dei loro figli, ma i loro stessi genitori la ritengono irrealizzabile (le parole testualmente usate sono state “Fantascienza, Utopia”). È alla luce di questo senso di disperazione e di pessimismo che vanno considerate le scorciatoie (prostituzione) e gli atteggiamenti censori.

D’altro canto altri genitori confermano che i propri figli, avendo un buon livello di integrazione sociale, da una parte non hanno problemi di acting-out, di masturbazione coatta, o irrequietezza; dall’altra non negano il loro desiderio di vivere un amore con coetanei del sesso opposto. Alcune madri si sono anche lasciate andare confessando con commozione di sognare un innamoramento e una relazione per i propri figli.

Gli stessi genitori vivono in prima persona il senso di isolamento, la constatazione dell’allontanamento dei loro stessi amici, la paura del rifiuto dei propri figli.

Dalla teoria della Gestalt sappiamo che un organismo che non ha uno scambio fluido con il proprio ambiente, è sofferente, e che la salutogenesi si raggiunge quando si ripristina l’omeostasi. Non può esservi soddisfazione sessuale senza socializzazione; gli impulsi sessuali e sentimenti erotici tendono ad assumere forme devianti e coatte se vissute in una situazione di perenne isolamento.

Siamo intervenuti per aumentare le capacità relazionali, sia nelle persone diversamente abili, sia nei loro familiari. Abbiamo approfondito come è avvenuta la deriva che gradualmente ha portato  le famiglie da una situazione di integrazione sociale, prima della nascita di un figlio disabile, ad una situazione di isolamento, dopo la nascita di un figlio disabile; Abbiamo inoltre ragionato riguardo il  modo in cui le famiglie si sono allontanate da amici e parenti e, soprattutto,  Come possono riavvicinarsi.

 A tal fine abbiamo con i genitori:

  • esplorato il vissuto dell’handicap come uno stigma sociale per ridurre i sentimenti di imbarazzo e vergogna;
  • formato le persone alle regole base della comunicazione (ascolto attivo e riformulazione);
  • facilitato l’espressione dei propri pensieri, desideri ed emozioni agli altri attraverso l’esercizio in role-play mentre con i figli abbiamo ricercato forme creative di comunicazione dei sentimenti erotici che possano surrogare le funzioni linguistiche e motorie in alcuni casi gravemente compromesse  (modalita’ sinestetiche agite attraverso la musica, il tatto, il disegno, la pittura, e quant’altro consentendo di ampliare le capacità relazionali di ogni singola persona).

Problematica rilevata: in alcune coppie di genitori, il livello del romanticismo e della sessualità sembra essere compromesso probabilmente anche a causa della ferita narcisistica provocata dalla nascita di un figlio (la loro sessualità ha determinato la nascita di un figlio disabile e tutte le emozioni negative connesse a ciò) e per le difficoltà pratiche legate alla gestione di figlio con grave ritardo mentale.

SIAMO INTERVENUTI PER creare un setting dove le coppie di genitori possono staccarsi almeno per qualche ora dal menage quotidiano e centrarsi sulle emozioni positive di ognuno al fine di recuperare l’intimità e l’intesa di coppia.

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